martedì 23 febbraio 2016

Regione Lombardia: nuovi dati sulla vicenda di corruzione nella sanità lombarda. LA CORRUZIONE CONTINUA DALLA GIUNTA FORMIGONI ALLA GIUNTA MARONI

SECONDO COMUNICATO


Regione Lombardia: nuovi dati sulla vicenda di corruzione nella sanità lombarda.

LA CORRUZIONE CONTINUA DALLA GIUNTA FORMIGONI ALLA GIUNTA MARONI.

Fabio Rizzi, leghista, amico e 'fedelissimo' del governatore Roberto Maroni, oltre che ad essere consigliere regionale e presidente della commissione regionale sanità è stato il fautore dell'ennesima 'riforma sanitaria' lombarda.
In questa controriforma una delle tante 'perle' che vogliamo denunciare politicamente è la riduzione del 10% degli emolumenti per i collegi sindacali, giustificata come riduzione di spesa. In questo modo si ottiene l'indebolimento degli organi di controllo. Evidentemente, e il caso Rizzi lo ha dimostrato, davano fastidio questi organismi, perché non sempre sono controllabili dalla politica corrotta, come è accaduto in questo caso. Quindi li si vuole penalizzare e scoraggiarne la partecipazione perché meno appetibili dal punto di vista dei compensi. La 'operazione smile', che ha portato Rizzi in carcere, è partita proprio grazie all'esposto, nel 2014, di Giovanna Ceribelli che è stata nel collegio sindacale dell'ospedale Bolognini di Seriate fino al 2012 e poi è passata a quello di Vimercate e Desio.
L'esposto del 2014, da parte di questa componente del collegio sindacale dell'Azienda ospedaliera di Vimercate, riguardava una gara d'appalto del 2009 da 90mila euro. L'azienda ospedaliera della provincia monzese risulta, infatti, particolarmente coinvolta nell'inchiesta, tanto che l'ex direttore generale Pietro Caltagirone è tra i destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip.
Indagando su questo appalto, la signora Ceribelli trova il nome della Canegrati, a lei noto perché aveva partecipato come Servicedent ad una gara nel 2011 a Seriate. Secondo il contratto vinto doveva versare 500mila euro all'ospedale per ristrutturazione degli ambulatori. Sempre la Servicedent si era aggiudicata la gara precedente a Vimercate e aveva speso 10 milioni di euro in attrezzature. La Servicedent non ha mai versato i soldi e nessuno glieli ha mai chiesti. A questo punto parte l'esposto.

Detto questo la decisione di Maroni di istituire l'ARAC (autorità regionale anti corruzione), che dovrebbe costituire un ulteriore strumento di prevenzione alla corruzione, risulta del tutto propagandistica, inutile e sovrapposta a strutture già esistenti che avrebbero già dovuto svolgere correttamente il loro compito, se non fossero di diretta emanazione della politica. Il cancro sta nel manico, cioè nel provvedimento approvato anni fa dalla giunta Formigoni che ufficializzava la nomina di parte politica di tutta la dirigenza della sanità lombarda. E' qui che si deve colpire sul piano istituzionale, abrogando questo obbrobrio, vera e propria autostrada per la diffusione della corruzione.
Tutto il fumo negli occhi che sta buttando Maroni con le commissioni di inchiesta, ispezioni negli ospedali, rotazione dei dirigenti, audit delle procedure è patetico ed insultante per i cittadini.
Queste decisioni e proposte frettolose, convulse e superficiali servono solo a creare confusione e distogliere l'attenzione dalle sue gravi responsabilità e dalla sua totale assenza di volontà politica nel voler combattere seriamente e rigorosamente la corrutela nella sanità lombarda. Maroni vuole allontanare la sua inevitabile cacciata fidando sul fatto che la popolazione dimentica presto, ma anche in questo caso noi faremo in modo che non succeda, come già facemmo con la giunta Formigoni.

RIPETIAMO: Maroni in quanto possessore della delega alla sanità e presidente della giunta non si è accorto di nulla in questi anni? Possibile che il sig. Maroni non sapesse nulla dell'operato dei suoi più stretti collaboratori? Se così fosse o sarebbe incapace, o sarebbe colpevolmente distratto. In entrambi i casi non è più in grado di svolgere la sua funzione.
MARONI VA CACCIATO SE NON SI DIMETTE SPONTANEAMENTE!

Facciamo un esempio concreto sulle sue 'disattenzioni'
Sarebbe bastato leggere i giornali dell'epoca per mandare degli ispettori all'ospedale Niguarda invece Maroni, dopo il suo insediamento, dà continuità al 'sistema formigonian-ciellino' in questa struttura.
Dagli atti dell'inchiesta della 'operazione smile' si apprende che il 2 maggio 2006 il dottor Cirincione, primario di chirurgia maxillo facciale del Niguarda, fa un esposto in procura ed una segnalazione al direttore sanitario per imperizia del centro odontoiatrico gestito da una società della Canegrati, la Dental Service, appena costituito nell'ospedale e, in particolare, del responsabile di questo centro, Vincenzo Nicotra, anche lui ora indagato. Il dottor Cirincione aveva avuto in cura una paziente, deceduta poco dopo, affetta da tumore del cavo orale che in precedenza era stato diagnosticato e curato privatamente dal dottor Nicotra come semplice fungo.
Il risultato del buon operato del dottor Cirincione è che qualche mese dopo, tramite atto amministrativo, viene esonerato dai compiti di controllo sul centro odontoiatrico. 
Nel 2006 direttore generale  di Niguarda era Pasquale Cannatelli, direttore sanitario era Luca Munari,direttore amministrativo era Marco Trivelli. Dove sono attualmente questi nostri eroi del management sanitario? Cannatelli è direttore generale all'ospedale Sacco di Milano, Luca Munari non è più nella sanità pubblica, Marco Trivelli è direttore generale del Niguarda.
E da chi sono stati nominati o riconfermati? Dalla giunta Maroni. 

La Lega razzista di Salvini finge di combattere la corruzione a parole, in realtà ne è continuamente invischiata.

G.R. per SU la TESTA L'ALTRA LOMBARDIA

Milano, 23 febbraio 2016

Regione Lombardia: dalla giunta Formigoni alla giunta Maroni la corruzione continua

PRIMO COMUNICATO

Regione Lombardia: dalla giunta Formigoni alla giunta Maroni la corruzione continua

Retata di 21 individui accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, turbativa d'asta e riciclaggio. Fra di loro il consigliere regionale della Lega Fabio Rizzi, ideatore della controriforma sanitaria. La giunta leghista di Maroni va cacciata.

La mattina del 16 febbraio 2016 la Magistratura, a conclusione di un'indagine denominata 'operazione smile', ha predisposto il fermo di alcuni personaggi legati alla sanità lombarda, tra cui
Maria Paola Canegrati, titolare della società Odontoquality e di consociate. L'accusa sostiene che quest'ultima avrebbe corrotto Fabio Rizzi, Mario Longo e l'entourage di Rizzi per favorire finanziamenti e anche altri funzionari di vari ospedali lombardi per aggiudicarsi gare d'appalto per la gestione esterna di servizi odontoiatrici.
Chi è Fabio Rizzi? È uno dei fedelissimi del governatore Roberto Maroni, è il padre della riforma sanitaria approvata lo scorso agosto, è il presidente della Commissione regionale della Sanità. Memorabile ed ipocrita il suo pianto a dirotto nell’aula del Consiglio regionale nella notte in cui è stata approvata la riforma della Sanità: «Si è avverato il sogno della mia vita». Un «pallino» di Rizzi, introdotto proprio grazie alla sua riforma, è quello dell’odontoiatria, con un relativo piano per garantire cure dentarie a bassissimi prezzi ai cittadini lombardi più bisognosi, in particolare agli anziani. «Un progetto caro al leader leghista Umberto Bossi», aveva confidato agli amici lo stesso Rizzi. Ma sembra proprio, come sostengono i magistrati, che il capolavoro di Rizzi, in realtà, sia l'aumento delle spese a carico dei cittadini bisognosi di cure dentistiche come conseguenza dell'attività corruttiva che, pare, duri da anni. Una presunta attività illecita condotta insieme a Mario Valentino Longo odontoiatra collaboratore di Rizzi che osava affermare in un’intervista dell’ottobre 2015 “Insieme ridaremo nobiltà all’odontoiatria”.

Maroni voleva con questa riforma della Sanità chiudere il ventennio formigoniano che si era concluso con la cacciata di Formigoni in seguito ad inchieste, in particolare, su sanità e discariche di amianto. In realtà Maroni in quanto possessore della delega alla sanità e presidente della giunta non si è accorto di nulla in questi anni? Possibile che il sig. Maroni non sapesse nulla dell'operato dei suoi più stretti collaboratori? Se così fosse o sarebbe incapace, o sarebbe colpevolmente distratto. In entrambi i casi non è più in grado di svolgere la sua funzione. 
 DEVE ANDARSENE! 

Sulla base di queste prime considerazioni l'attuale giunta leghista di Maroni deve essere cacciata sull'onda di una vasta mobilitazione popolare, data l'inconcludenza e l'inefficacia politica delle opposizioni istituzionali.
Presentare una mozione di sfiducia non serve quasi a nulla perché Maroni ha una salda maggioranza numerica che pare sia inscalfibile. Maroni e la sua giunta se ne andranno solo se si riuscirà a sensibilizzare e coinvolgere i cittadini, in particolar modo i lavoratori della sanità e gli utenti, in una costante pressione di piazza intrecciata ad altre forme di protesta e di iniziativa.
Chi sospetta irregolarità all'interno di ospedali e di ASL non tema di denunciare politicamente, e non solo, quanto vede. La corruzione si diffonde anche perché dirigenti e funzionari onesti preferiscono ignorare il problema, condizionati da pressioni indebite, timori e ricatti. Non può essere che solo la magistratura intervenga quando ormai il danno è fatto. Deve essere l'iniziativa sociale, politica e sindacale ad impedire che fenomeni corruttivi si diffondano nei gangli della pubblica amministrazione. In Regione Lombardia sono circa vent'anni che ciò accade, come denunciammo in altre occasioni.

G.R. per SU la TESTA L'ALTRA LOMBARDIA
Milano 19.02.2016

P.S. Se venite a conoscenza di irregolarità di vario tipo e di tentativi di corruzione scrivete a




lunedì 8 febbraio 2016

FOIBE: LA VERITA'. CONTRO IL REVISIONISMO STORICO


In coincidenza del 10 febbraio assistiamo ogni anno ad indecorose iniziative ed interventi sulla 'questione foibe' che non riflettono la verità e le documentazioni storiche, bensì manifestano posizioni strumentali e storicamente prive di ogni fondamento tipiche del revanscismo nazionalista che ha sempre ispirato i fascisti di ogni risma ed oggi lambisce ampi settori del “centro-sinistra”.
In questi anni il revisionismo (di destra e di “sinistra”) ha fatto carte false pur di deformare, falsificare e cancellare la storia. Nel nome della “pacificazione” e della costruzione di un’artificiosa “memoria condivisa” viene condotta una campagna di stravolgimento della verità storica, tesa alla sistematica assoluzione del fascismo e alla denigrazione di chi lo ha realmente combattuto - in particolare dei comunisti, i quali ebbero un ruolo fondamentale nell’antifascismo e nella Resistenza - arrivando alla vergogna di mettere sullo stesso piano nazi-fascisti ed antifascisti, repubblichini e partigiani, combattenti per la libertà ed oppressori o, peggio ancora, presentando i carnefici come vittime e martiri e i perseguitati come aggressori.

Con l’istituzione della “Giornata del Ricordo” del 10 febbraio, questa campagna ha avuto anche il suo appuntamento ufficiale in cui i cosiddetti “infoibati” vengono presentati come martiri “solo perché italiani”. Si tenta cinicamente di sfruttare il sentimento d’appartenenza nazionale per riproporre l’infame connubio tra fascismo e Italia e una visione nazionalista e sciovinista della storia e della realtà. Il tutto avallato dall'ex presidente della Repubblica Napolitano, che non solo ha straparlato di barbarie ed espansionismo slavo nel definire il movimento partigiano sul confine orientale (che, vogliamo ribadire, fu italiano, sloveno e croato), ma ha anche concesso medaglie ai familiari dei presunti “martiri dell’italianità”, tra cui, ad esempio, Vincenzo Serrentino, giustiziato dopo regolare processo in quanto criminale di guerra ricercato dalle Nazioni Unite.

Questa ri-scrittura della storia è, tra l'altro, funzionale allo sdoganamento politico e ideologico delle attuali organizzazioni fasciste e della destra radicale, che sono considerate ormai, da parte del centro-destra e non solo, come partner politici ed elettorali del tutto legittimi.
Queste formazioni sono facili strumenti da utilizzare contro i movimenti politici e sociali non omologati e non compatibili con l’attuale sistema politico, come dimostra il crescendo di azioni squadristiche sempre più gravi come quella di Cremona del gennaio 2015 contro il compagno Emilio. Molto grave è il fatto che tutti gli anni i prefetti e i questori di alcune città autorizzino iniziative sulle foibe promosse da organizzazioni fasciste e di estrema destra come casa Pound e Forza Nuova. Questi burocrati dello stato disattendono tutte le disposizioni legislative che impediscono attività e riti di stampo fascista.
Si ignora sistematicamente quanto la DOCUMENTAZIONE STORICA ci consegna.
Alla fine della Prima Guerra Mondiale, con il Trattato di Rapallo (1920) e poi quello di Roma (1924), l’Italia acquisì sul suo confine orientale un territorio nel quale abitavano quasi 500.000 tra sloveni e croati. Con l’avvento del fascismo iniziò un processo di assimilazione forzata: vennero progressivamente eliminate tutte le istituzioni slovene e croate, le scuole furono italianizzate, gli insegnanti licenziati o costretti ad emigrare, vennero posti limiti all’accesso degli sloveni nei pubblici impieghi, cambiati i nomi dei luoghi. Questo generò una prima ondata di sentimento anti-italiano.
Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, nel 1941 il regime fascista e quello nazista attaccarono e occuparono quasi tutta la Jugoslavia, lasciandosi andare a uccisioni e brutalità di ogni genere. Vennero approntati, sia nel territorio italiano che in quello jugoslavo occupato, un gran numero di campi di concentramento, nei quali oltre ai detenuti di etnia slava vennero spesso rinchiusi anche migliaia di antifascisti italiani e stranieri di varie nazionalità. Gran parte degli slavi, fra cui anche vecchi, donne e bambini, trovarono la morte per inedia, malattie, torture o soppressione fisica, come peraltro espressamente richiesto da Mussolini, che chiedeva «l’annientamento di uomini e cose».
I primi partigiani jugoslavi iniziarono la loro lotta antifascista sin dal luglio 1941. I nazifascisti tentarono inutilmente in tre riprese il loro annientamento. Il primo tentativo fu realizzato nell’ottobre 1941 e si avvalse anche di vere e proprie azioni terroristiche verso i civili (ad esempio l’eccidio nazista di 7000 abitanti di Kragujevac). Il secondo fu attuato nel marzo 1942, quando il Comando superiore armate Slovenia e Dalmazia (poi detto Supersloda) inviò a tutti i reparti la circolare 3C. Questa circolare conteneva ordini di una ferocia inaudita come, ad esempio: “Internare, a titolo protettivo, precauzionale e repressivo, individui, famiglie, categorie di individui delle città e delle campagne e, se occorre, intere popolazioni di villaggi e zone rurali; si sappia bene che eccessi di reazione, compiuti in buona fede, non verranno perseguiti. Perseguiti invece, inesorabilmente, saranno coloro che dimostreranno timidezza e ignavia”. La terza grande offensiva si svolse nell’estate 1942, sotto la direzione del generale Mario Roatta, e si concluse, come gli altri due tentativi, con grandi massacri di civili, ma senza riuscire a scalfire la forza e il coraggio dei partigiani jugoslavi, ai quali si univano molti partigiani italiani di orientamento comunista.
Si preferisce non ricordare le migliaia e migliaia di civili jugoslavi trucidati dalle truppe italiane nell’ex-Jugoslavia, occupata dal 6 aprile 1941 fino all' 8 settembre del 1943; si ignorano le migliaia di civili (donne, vecchi e bambini) morti nei campi di concentramento fascisti ad Arbe, a Gonars e in altri campi del centro-nord Italia (per ulteriori approfondimenti consulta la nostra bibliografia e filmografia)
Si cancellano dai libri di storia e dalle commemorazioni le violenze sistematiche subite in Istria dalla popolazione locale indigena nel corso dell’occupazione fascista (distruzione di Centri culturali e di case del popolo, italianizzazione forzata dei cognomi slavi, imposizione della lingua italiana ecc...)
Si arriva a falsificare la realtà fino a moltiplicare il numero degli infoibati (fra cui moltissimi gerarchi fascisti e collaborazionisti macchiatisi di gravissimi delitti e violenze) e degli esuli, sparando cifre a casaccio e manipolando la documentazione e la ricerca storica, come hanno dimostrato con i loro studi alcuni storici e ricercatori quali Enzo Collotti, Alessandra Kersevan e Claudia Cernigoi. Ad esempio, i 500 infoibati istriani (numero documentato da recenti ricerche) diventano 4 o 5 mila e per alcuni addirittura 30.000 e così a seguire con altre foibe, come quella di Basovizza.
Non si contestualizzano mai i fatti, quasi che le “foibe” fossero un dato impazzito della realtà da usare per la bieca propaganda politica. Perché si vuole speculare sul sangue, sul dolore e sulle vittime di una guerra la cui totale responsabilità ricade sui nazi-fascisti aggressori?
In realtà si tenta di sfruttare cinicamente il sentimento di appartenenza nazionale per riproporre l’infame connubio tra fascismo e Italia, con una visione nazionalista e sciovinista della storia e della realtà.
Si vuole affermare e perpetuare il luogo comune di “italiani brava gente”, ignorando che “dall’unità del nostro paese fino alla fine della seconda guerra mondiale, oltre all’aggressione della Jugoslavia, si sono verificati molti episodi nei quali gli italiani si sono rivelati capaci di indicibili crudeltà.”
(dalla quarta di copertina del libro di Angelo Del Boca “Italiani brava gente?”).
Fra gli episodi, sempre citati da Angelo Del Boca, professore dell’Università di Torino considerato il maggior storico del colonialismo italiano, troviamo: 1000 ostaggi fucilati dall’esercito italiano nel territorio di Lubiana (ex-Jugoslavia) tra il 1941 e il 1943, 35.000 persone deportate in Italia nei campi di concentramento, di cui 4.500 morte nel campo dell’isola di Arbe; le deportazioni in Italia di migliaia di libici, lo schiavismo applicato in Somalia lungo i grandi fiumi, l’impiego in Etiopia dell’iprite e di altre armi chimiche proibite che hanno procurato migliaia di morti e devastazioni indicibili, lo sterminio di duemila monaci nella città conventuale di Debrà Libanos (Etiopia), la consegna ai nazisti, da parte dei repubblichini-fascisti, di migliaia di ebrei votati a sicura morte (Italiani, brava gente? di Angelo del Boca- Ed. Neri Pozza pag.318).
E’ vero che nel corso dell’ultimo secolo altri popoli si sono macchiati di violenze e nefandezze a danno di altri quasi in ogni parte del mondo. Tuttavia solo gli italiani hanno pervicacemente tentato (almeno la storiografia ufficiale) di gettare un velo sulle pagine nere della loro storia, ricorrendo ossessivamente ad uno strumento auto consolatorio: il mito degli “italiani brava gente”. Dietro questo buonismo, in realtà, si sono consumati i crimini peggiori e gli eccidi più barbari...”
Moltissimi capi militari italiani, fra cui i generali Graziani, Badoglio e Roatta, sono stati considerati dalle istanze internazionali criminali di guerra per gli eccidi ordinati e compiuti in Jugoslavia e in Africa orientale (Etiopia, Somalia) e Libia.Ma non hanno mai pagato, perché i governi post-resistenziali non concessero mai l’estradizione, in nome di cinici equilibri internazionali.
La cosiddetta “questione delle foibe”(le foibe - dal latino ‘fovea’ che significa fossa, incavo, apertura del terreno - sono delle cavità naturali per lo più a forma di imbuto rovesciato tipiche del territorio istriano) è stata un po’ il punto di partenza della campagna di denigrazione della Resistenza nel suo insieme. Mentre a Trieste, ed in genere nelle regioni del Nordest, la destra nazionalfascista ha sempre tirato fuori le “foibe” come uno dei propri cavalli di battaglia per propagandare l’anticomunisno e l’odio etnico e politico contro la Jugoslavia, è solo negli ultimi anni che il fenomeno è esploso a livello nazionale, coinvolgendo nella non comprensione del fenomeno anche esponenti della sinistra, arrivando addirittura alle posizioni estreme della dirigenza di Rifondazione comunista bertinottiana che, pur non conoscendo assolutamente l’entità dei fatti, si è arrogata il diritto di condannare senza appello la Resistenza jugoslava, ed i partigiani italiani che con essa hanno collaborato, per dei presunti “crimini” dei quali non solo non vi è prova, ma che dalle risultanze storiche risultano addirittura non avvenuti. Il problema è che di “foibe” si è parlato finora molto, ma a livello di sola propaganda e a spropositoPer decenni si è parlato di “migliaia di infoibati sol perché italiani”, senza che i propagandisti esibissero le prove di questo loro dire. Per decenni i propagandisti hanno scritto e riscritto sempre le stesse cose, citandosi l’un l’altro e non producendo alcun documento ad avvalorare quanto da loro asserito. Si è giunti, nel corso degli ultimi anni, al fatto che questo “si dice” senza alcun valore storico sia stato avvalorato anche da storici considerati “seri” e “professionali”, in quanto facenti parte degli Istituti storici della Resistenza…”
E' utile ricordare, inoltre, la posizione di Giorgio Bocca: “L'argomento dei campi di concentramento fascisti è pochissimo conosciuto a livello di opinione pubblica ed è per questa scarsa conoscenza che personaggi come Silvio Berlusconi hanno potuto dire che Benito Mussolini mandava i suoi oppositori in vacanza. Il gioco dei morti è francamente inaccettabile quando risponde a un opportunismo politico come quello attualissimo dei neo fascisti, nipotini di Salò, e allievi di Giorgio Almirante. Ed è inaccettabile anche l'uso sacrale che si fa dei morti per dimostrare che le idee per cui morirono gli uni valgono come quelle per cui morirono gli altri. Nel caso italiano non si tratta di recuperare la storia dei vinti e di correggere quella dei vincitori, ma di ricordare che se si fossero scambiati i ruoli noi non saremmo qui a parlarne, saremmo finiti in massa in qualche lager o in qualche camera a gas e per il lungo futuro del Terzo Reich noi e i nostri figli e nipoti saremmo vissuti, ove non eliminati, in una società barbarica. Altro che vaghe e passeggere distinzioni fra diverse bandiere, diverse idee, diverse utopie: la scelta era fra la schiavitù razzista e la libertà civile, fra la fedeltà cieca alla tirannia e i diritti umani. La pietà verso i morti è antica come il diritto dei loro parenti e amici a ricordarli, ma la pubblica celebrazione coinvolge un giudizio sulle loro azioni da vivi e la celebrazione di quanti, fino all'ultimo, stettero dalla parte del Reich nazista è celebrazione del nazismo”.
Con la giornata del 10 febbraio si istituzionalizza la mitologia di una popolazione italiana cacciata dalla sua terra, quando in realtà i territori dell’Istria e della Dalmazia, che con la Prima Guerra Mondiale l’Italia aveva occupato militarmente, non erano mai stati abitati da popolazioni italiane, se non in minima parte. Dagli anni '20 il fascismo pianificò e scatenò una violenta campagna volta ad imporre forzatamente l’ “italianità” alla popolazione jugoslava. Quando si parla degli esuli italiani dell’Istria e della Dalmazia non si deve dimenticare che gran parte di questi erano stati impiantati in quei territori artificiosamente dal fascismo e spesso del regime erano stati collaboratori attivi. I fascisti da sempre hanno cercato di far passare la tesi dello scontro tra italiani e jugoslavi; in realtà nella Venezia Giulia vi è stata una resistenza forte e radicata in cui alcune formazioni partigiane  jugoslave e italiane operavano congiuntamente contro i nazifascisti (italiani, tedeschi e jugoslavi). La celebrazione menzognera delle foibe cui stiamo assistendo si inquadra in una più ampia campagna di denigrazione della resistenza: la classe dominante (oggi rappresentata dal governo Renzi - Alfano ) promuove il revisionismo storico nelle scuole, nelle università, mette in piedi enormi operazioni di intossicazione e manipolazione dell’opinione e delle coscienze. Ne consegue che il principale nemico, in questa lotta, sono: l’intellettuale asservito alla manipolazione della storia, il consigliere comunale che asseconda lo sporco teatrino partecipando a questa o quella commemorazione e l’attuale governo che, in linea con i suo predecessori, promuove la celebrazione della giornata della falsità. All’operazione portata avanti dalla classe dominante, si unisce l’azione di gruppuscoli neofascisti.
Oggi si tratta di contribuire al contrasto del revisionismo storico, superando un'impostazione puramente difensiva della 'questione foibe' e dare una risposta culturale e politica determinata e documentata contro le menzogne e le falsità di forze reazionarie e revisioniste dell'area così detta “democratica”.
Si tratta, cioè, di:
 - dare una prospettiva di lettura critica basata sui fatti della storia e della realtà, con particolare riferimento alle avventure coloniali e imperiali dell’Italia prefascista e fascista;
- valorizzare il ruolo fondamentale avuto dalla Resistenza per le conquiste politiche, sociali e civili successive alla 2^ guerra mondiale;
- valorizzare gli ideali della lotta antifascista nell’attuale contesto storico;
- raccogliere e socializzare la preziosa eredità della lotta al fascismo per la costruzione di un altro mondo possibile e necessario, basato sulla pace, la libertà, la democrazia compiuta e non delegata, l’emancipazione sociale e la dignità umana.
- valorizzare l’importanza dell’antifascismo attuale anche esprimendo solidarietà a chi è colpito dalla repressione statale.

G.R. per SU LA TESTA per il CONTROPOTERE
Febbraio 2016

p.s. - Questo intervento è stato realizzato grazie al contributo di materiali utilizzati per il Convegno da noi organizzato con altre formazioni nel 2008 dal titolo “Foibe: la verità. Contro il revisionismo storico” e lo riproporremo ogni anno in questa occasione.

Per ogni altro ulteriore approfondimento e documentazioni consultate la pagina del nostro sito dedicata a  Foibe - contro il revisionismo storico