“Se votare facesse qualche
differenza, non ce lo lascerebbero fare” ( M.Twain)
La campagna elettorale per le prossime
elezioni politiche ha riempito le pagine e gli spazi dei quotidiani,
delle TV e della RETE negli ultimi tre mesi. Indubbiamente esse
rivestono una notevole importanza, perché decideranno quale
“frazione” del capitale governerà l'Italia nel prossimo periodo
di crisi dell'organizzazione economica capitalistica e
determineranno, comunque, diversi assetti politici ed istituzionali.
Inoltre costringeranno anche
l'opposizione sociale e le soggettività antagoniste e rivoluzionarie
a riposizionarsi rispetto all'organizzazione del conflitto e alla
costruzione di una formazione comunista in grado di rappresentare più
compiutamente gli interessi di classe, al di là di tutti i
settarismi e le auto-referenzialità che le hanno paralizzate e
travolte negli ultimi 20 anni e più.
Molti “a sinistra” si stanno
adoperando per dare questa o quella indicazione di voto, in base
anche al teorema del Meno-Peggio. Noi non siamo tra questi, perché
preferiamo sviluppare un ragionamento per sostenere che in questa
fase storico-politica l'astensione dal voto (ricordiamo che il voto
non è un dovere, ma un diritto che si può o meno esercitare) non
solo è giustificata, ma può costituire un atto militante di
responsabilità con l'obiettivo della delegittimazione di tutto
l'apparato parlamentaristico e di governo borghese, oltre che di
qualsivoglia “ lista improvvisata di sinistra” che pretendesse di
arrogarsi il diritto di rappresentare strumentalmente gli interessi
di classe del nuovo-proletariato e del movimento di lotta in
generale.
La teoria, l'idea e la pratica dei
comunisti non sono rappresentate, neppur lontanamente, da nessun
partito o lista che partecipa a questa scorribanda elettorale.
L'astensionismo può costituire una
forma seria e militante di protesta che nulla ha a che vedere con il
qualunquismo astensionistico endemico al sistema borghese di
rappresentanza. Non si può più delegare a forze impresentabili o
pseudo-democratiche la rappresentanza delle istanze sociali di
radicale cambiamento. E tanto meno lo possono fare i comunisti e i
rivoluzionari.
Occorre respingere la logica
truffaldina, manipolatoria e ricattatoria del meno-peggio. Si
cerca di diffondere il timore e il senso del precario per farci
accettare il pensiero unico, qualsiasi soluzione politica e il punto
di vista della classe dominante. Va trasferita nel campo nemico la
paura che cercano di infonderci, rilanciando l'autonomia proletaria.
Oggi è richiesta maggiore lucidità e consapevolezza e questo
ricatto va respinto al mittente. Altre volte, purtroppo, questo ha
funzionato, facendo leva sull'anti-berlusconismo.
Non consideriamo il bandito Berlusconi
meno pericoloso di un tempo, ma constatiamo che anche coloro che
formalmente oggi si presentano come alternativi a lui (
Bersani,Vendola e Monti), hanno sostanzialmente lo stesso
progetto e non hanno fatto nulla in questi anni per contrastarlo
realmente. Al contrario, nell'ultimo anno e mezzo hanno governato
insieme e hanno condiviso e votato in parlamento le più criminali e
violente scelte del massone Monti su mandato dell'Unione Europea.
Monti, massone del 33° rito scozzese, più che svolgere il ruolo di
presidente del Consiglio dell'Italia ha operato come terminale della
BCE (Banca Centrale Europea) e del FMI (Fondo Monetario
Internazionale), essendo presidente europeo della Trilateral, un
organismo composto dagli uomini e dalle donne più potenti del
pianeta che decide, condiziona e impone le scelte economiche a quasi
tutti i governi del mondo. In sostanza le politiche socio-economiche
del centro-destra e del centro-sinistra sono due facce della stessa
medaglia.
Quale sarebbe allora il meno peggio da
poter votare? Qualcuno sostiene essere la lista “Rivoluzione
civile”( RC, guarda caso, che brutti scherzi le sigle!).Questa
è di fatto un cartello elettorale composto dai partiti residuali
della “sinistra” in via di sparizione e tenuta insieme dalla
figura carismatica del magistrato Ingroia. Non è una formazione
strutturata e si è costituita tre mesi fa in modo raffazzonato e
senza un programma articolato, dopo aver liquidato brutalmente il
generoso tentativo di “Cambiare si può”. Rivoluzione civile ha
un'ideologia iper-eclettica(si va dal moderato-legalitaro Di Pietro
al reazionario verde Bonelli, fino al nulla di Ferrero e Diliberto,
ex RC ed ex PdCI) che sarà all'origine di un esplosione di contrasti
e contraddizioni, qualunque dovesse essere il risultato elettorale.
La lista Ingroia ha al centro della sua propaganda la difesa della
legalità contro i poteri criminali, questo è il vero cemento che
tiene insieme queste “debolezze” che sono divise, in realtà, su
quasi tutto. Un altro aspetto che va sottolineato è che all'interno
di questa lista albergano ben 3 ex-ministri di governi precedenti,
tutti corresponsabili, in quanto ministri, dall'aver avallato il
finanziamento delle truppe in Afghanistan, i provvedimenti che hanno
aggravato le condizioni di vita di milioni di persone, il non aver
approvato una norma elementare sul conflitto di interessi contro
Berlusconi, l'avere deciso e avallato il finanziamento del TAV (Di
Pietro ministro delle infrastrutture) ecc...
Per queste e molte altre ragioni,
l'opposizione sociale e i comunisti non possono riconoscersi e
legittimare una formazione che, in ultima analisi, si è costituita
per garantire l'elezione in parlamento ai quattro segretari dei
partiti residuali ( la banda dei 4), storicamente ormai superati ed
obsoleti. Questi personaggi non hanno avuto e non avranno alcun
rapporto politico con il conflitto sociale che si è sviluppato e si
svilupperà nel nostro paese con più forza e determinazione. Come
dicono alcuni compagni sardi: “... E' necessario disvelare il
rapporto truccato fra funzione politica e la conflittualità
sociale”...” la guerra contro il Kapitalismo si svolge altrove
rispetto al parlamento (luoghi di lavoro, scuola, territorio,
solidarietà internazionalista ecc...)”.
In sintesi: a nessuno venga in mente,
nel caso dovessero essere eletti, di agire e parlare a nome
dell'opposizione sociale. Non hanno voluto riconoscere la storia e la
funzione dei movimenti, dei comitati, delle associazioni, delle
soggettività antagoniste ecc... o, peggio, hanno tentato di
strumentalizzarle, quindi non ci si arroghi il diritto di parlare a
nome loro. NON IN NOSTRO NOME.
Occorre aggiungere che le istituzioni e
le campagne elettorali si devono saper “usare” per accentuare le
contraddizioni del sistema capitalista e delle forze borghesi e per
smascherare di fronte alle masse l'inganno e la mistificazione della
falsa democrazia borghese, basata sulla delega e sulla
deresponsabilizzazione dei cittadini.
E' da più di un ventennio che in
Italia i partiti di “sinistra” hanno operato coscientemente, e
con incoscienza, per la distruzione delle teorie e delle idee
socialiste e comuniste. L'aver scelto di abbandonare il marxismo come
metodo scientifico di interpretazione della realtà e dei processi
storici ha portato al progressivo dissolvimento di qualsiasi
formazione che potesse rappresentare gli interessi e i bisogni del
nuovo-proletariato (operai, lavoratori precari,studenti e ricercatori
senza futuro, lavoratori pubblici, pensionati poveri, l'area sociale
delle partite IVA ecc...).
Bertinotti, Vendola, Diliberto e i loro
accoliti hanno dato un contributo decisivo all'ottenimento di questo
risultato catastrofico e drammatico e a diffondere sfiducia e
rassegnazione fra i militanti in buona fede. Queste valutazioni sono
suffragate dal fatto che l'Italia è l'unico paese dell'Europa
occidentale a non avere né un partito comunista strutturato e
organizzato, né un solido partito socialdemocratico di massa come in
Francia, Germania ed Inghilterra. Non si può definire
socialdemocratico il PD, perché in esso prevalgono ampiamente delle
connotazioni liberal-democratiche moderate.
D'altro lato la frammentazione e
l'inadeguatezza teorica, culturale e politica delle soggettività
rivoluzionarie non ha ancora consentito di avviare un processo di
rifondazione serio e rigoroso di una formazione comunista,
anticapitalista, unitaria, radicata nel sociale e con un un programma
credibile di transizione al socialismo e al comunismo, in grado di
competere anche nelle elezioni democratico-borghesi, usando le
istituzioni come cassa di risonanza.
Un altro aspetto, che in questa
contingenza rafforza la scelta dell'astensione (noi non siamo
astensionisti per principio sempre e comunque), è la constatazione
che queste elezioni rischiano di essere sostanzialmente inutili.
Infatti i parlamentari saranno una sorta di “figure
formal-virtuali” più o meno impotenti e limitati nell'azione
.Questo perché i bilanci, le politiche economiche e di welfare
saranno subordinate, vincolate e sottoposte al controllo e
all'autorizzazione dei vari organismi burocratici-amministrativi
della UE. Si tratta, in sostanza, dell'annullamento della nostra
indipendenza nazionale.
Quasi nessuna delle forze politiche
presenti in questa campagna elettorale ha denunciato con forza questo
vincolo che potrà essere “rimosso” solo con grandi mobilitazioni
e lotte sociali coordinate in tutti i paesi dell'Unione Europea.
Aleggia quasi un timore culturale e
politico nel pronunciarsi contro il trattato di Maastricht e gli
altri trattati europei che hanno asservito totalmente il nostro Paese
agli interessi del capitale internazionale. La battaglia
contro i vincoli che ci impone l'Europa non può essere lasciata alla
destra più becera e reazionaria.
Il pareggio di bilancio e il fiscal
compact, imposti per legge, costituiscono oggi un vincolo
insormontabile per qualsiasi governo moderato. Si devono elaborare,
proporre e praticare politiche di incompatibilità economica con
l'attuale sistema capitalistico e di rottura costituzionale e
istituzionale. Questo però richiede mobilitazioni di massa
prolungate e degli organismi in grado di sostenerle e coordinarle. E'
questo il compito enorme che l'opposizione sociale e le avanguardie
antagoniste si devono porre nell'immediato futuro. Tutto il
resto è fuffa, menzogna, mistificazione e strumentalizzazione
della buona fede dei cittadini.
In campagna elettorale non si possono
proporre traguardi mirabolanti, sapendo che finché si accettano le
logiche e la dialettica di questo sistema non si potranno mai
raggiungere obiettivi strategici (per il Capitale). Ad esempio dire
che si vuole abolire il Fiscal Compact è in sé una cosa
giustissima, ma non dire in che modo e con che tipo di mobilitazione
rischia di essere utopistico ed anche un po' truffaldino.
Di fronte a questa situazione si
rende più che mai necessario intensificare l'impegno nel costruire
organismi di CONTROPOTERE in grado di rappresentare i bisogni e gli
interessi fondamentali del nuovo proletariato e, in embrione, la
nuova organizzazione non gerarchizzata della futura nuova società.
MR per SU LA TESTA l'altra Lombardia
22 febbraio 2013
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