venerdì 22 febbraio 2013

Le elezioni politiche del 24-25 febbraio: respingere la logica del meno peggio


Se votare facesse qualche differenza, non ce lo lascerebbero fare” ( M.Twain)

La campagna elettorale per le prossime elezioni politiche ha riempito le pagine e gli spazi dei quotidiani, delle TV e della RETE negli ultimi tre mesi. Indubbiamente esse rivestono una notevole importanza, perché decideranno quale “frazione” del capitale governerà l'Italia nel prossimo periodo di crisi dell'organizzazione economica capitalistica e determineranno, comunque, diversi assetti politici ed istituzionali.
Inoltre costringeranno anche l'opposizione sociale e le soggettività antagoniste e rivoluzionarie a riposizionarsi rispetto all'organizzazione del conflitto e alla costruzione di una formazione comunista in grado di rappresentare più compiutamente gli interessi di classe, al di là di tutti i settarismi e le auto-referenzialità che le hanno paralizzate e travolte negli ultimi 20 anni e più.
Molti “a sinistra” si stanno adoperando per dare questa o quella indicazione di voto, in base anche al teorema del Meno-Peggio. Noi non siamo tra questi, perché preferiamo sviluppare un ragionamento per sostenere che in questa fase storico-politica l'astensione dal voto (ricordiamo che il voto non è un dovere, ma un diritto che si può o meno esercitare) non solo è giustificata, ma può costituire un atto militante di responsabilità con l'obiettivo della delegittimazione di tutto l'apparato parlamentaristico e di governo borghese, oltre che di qualsivoglia “ lista improvvisata di sinistra” che pretendesse di arrogarsi il diritto di rappresentare strumentalmente gli interessi di classe del nuovo-proletariato e del movimento di lotta in generale.
La teoria, l'idea e la pratica dei comunisti non sono rappresentate, neppur lontanamente, da nessun partito o lista che partecipa a questa scorribanda elettorale.
L'astensionismo può costituire una forma seria e militante di protesta che nulla ha a che vedere con il qualunquismo astensionistico endemico al sistema borghese di rappresentanza. Non si può più delegare a forze impresentabili o pseudo-democratiche la rappresentanza delle istanze sociali di radicale cambiamento. E tanto meno lo possono fare i comunisti e i rivoluzionari.
Occorre respingere la logica truffaldina, manipolatoria e ricattatoria del meno-peggio. Si cerca di diffondere il timore e il senso del precario per farci accettare il pensiero unico, qualsiasi soluzione politica e il punto di vista della classe dominante. Va trasferita nel campo nemico la paura che cercano di infonderci, rilanciando l'autonomia proletaria. Oggi è richiesta maggiore lucidità e consapevolezza e questo ricatto va respinto al mittente. Altre volte, purtroppo, questo ha funzionato, facendo leva sull'anti-berlusconismo.
Non consideriamo il bandito Berlusconi meno pericoloso di un tempo, ma constatiamo che anche coloro che formalmente oggi si presentano come alternativi a lui ( Bersani,Vendola e Monti), hanno sostanzialmente lo stesso progetto e non hanno fatto nulla in questi anni per contrastarlo realmente. Al contrario, nell'ultimo anno e mezzo hanno governato insieme e hanno condiviso e votato in parlamento le più criminali e violente scelte del massone Monti su mandato dell'Unione Europea. Monti, massone del 33° rito scozzese, più che svolgere il ruolo di presidente del Consiglio dell'Italia ha operato come terminale della BCE (Banca Centrale Europea) e del FMI (Fondo Monetario Internazionale), essendo presidente europeo della Trilateral, un organismo composto dagli uomini e dalle donne più potenti del pianeta che decide, condiziona e impone le scelte economiche a quasi tutti i governi del mondo. In sostanza le politiche socio-economiche del centro-destra e del centro-sinistra sono due facce della stessa medaglia.
Quale sarebbe allora il meno peggio da poter votare? Qualcuno sostiene essere la lista “Rivoluzione civile”( RC, guarda caso, che brutti scherzi le sigle!).Questa è di fatto un cartello elettorale composto dai partiti residuali della “sinistra” in via di sparizione e tenuta insieme dalla figura carismatica del magistrato Ingroia. Non è una formazione strutturata e si è costituita tre mesi fa in modo raffazzonato e senza un programma articolato, dopo aver liquidato brutalmente il generoso tentativo di “Cambiare si può”. Rivoluzione civile ha un'ideologia iper-eclettica(si va dal moderato-legalitaro Di Pietro al reazionario verde Bonelli, fino al nulla di Ferrero e Diliberto, ex RC ed ex PdCI) che sarà all'origine di un esplosione di contrasti e contraddizioni, qualunque dovesse essere il risultato elettorale. La lista Ingroia ha al centro della sua propaganda la difesa della legalità contro i poteri criminali, questo è il vero cemento che tiene insieme queste “debolezze” che sono divise, in realtà, su quasi tutto. Un altro aspetto che va sottolineato è che all'interno di questa lista albergano ben 3 ex-ministri di governi precedenti, tutti corresponsabili, in quanto ministri, dall'aver avallato il finanziamento delle truppe in Afghanistan, i provvedimenti che hanno aggravato le condizioni di vita di milioni di persone, il non aver approvato una norma elementare sul conflitto di interessi contro Berlusconi, l'avere deciso e avallato il finanziamento del TAV (Di Pietro ministro delle infrastrutture) ecc...
Per queste e molte altre ragioni, l'opposizione sociale e i comunisti non possono riconoscersi e legittimare una formazione che, in ultima analisi, si è costituita per garantire l'elezione in parlamento ai quattro segretari dei partiti residuali ( la banda dei 4), storicamente ormai superati ed obsoleti. Questi personaggi non hanno avuto e non avranno alcun rapporto politico con il conflitto sociale che si è sviluppato e si svilupperà nel nostro paese con più forza e determinazione. Come dicono alcuni compagni sardi: “... E' necessario disvelare il rapporto truccato fra funzione politica e la conflittualità sociale”...” la guerra contro il Kapitalismo si svolge altrove rispetto al parlamento (luoghi di lavoro, scuola, territorio, solidarietà internazionalista ecc...)”.
In sintesi: a nessuno venga in mente, nel caso dovessero essere eletti, di agire e parlare a nome dell'opposizione sociale. Non hanno voluto riconoscere la storia e la funzione dei movimenti, dei comitati, delle associazioni, delle soggettività antagoniste ecc... o, peggio, hanno tentato di strumentalizzarle, quindi non ci si arroghi il diritto di parlare a nome loro. NON IN NOSTRO NOME.
Occorre aggiungere che le istituzioni e le campagne elettorali si devono saper “usare” per accentuare le contraddizioni del sistema capitalista e delle forze borghesi e per smascherare di fronte alle masse l'inganno e la mistificazione della falsa democrazia borghese, basata sulla delega e sulla deresponsabilizzazione dei cittadini.
E' da più di un ventennio che in Italia i partiti di “sinistra” hanno operato coscientemente, e con incoscienza, per la distruzione delle teorie e delle idee socialiste e comuniste. L'aver scelto di abbandonare il marxismo come metodo scientifico di interpretazione della realtà e dei processi storici ha portato al progressivo dissolvimento di qualsiasi formazione che potesse rappresentare gli interessi e i bisogni del nuovo-proletariato (operai, lavoratori precari,studenti e ricercatori senza futuro, lavoratori pubblici, pensionati poveri, l'area sociale delle partite IVA ecc...).
Bertinotti, Vendola, Diliberto e i loro accoliti hanno dato un contributo decisivo all'ottenimento di questo risultato catastrofico e drammatico e a diffondere sfiducia e rassegnazione fra i militanti in buona fede. Queste valutazioni sono suffragate dal fatto che l'Italia è l'unico paese dell'Europa occidentale a non avere né un partito comunista strutturato e organizzato, né un solido partito socialdemocratico di massa come in Francia, Germania ed Inghilterra. Non si può definire socialdemocratico il PD, perché in esso prevalgono ampiamente delle connotazioni liberal-democratiche moderate.
D'altro lato la frammentazione e l'inadeguatezza teorica, culturale e politica delle soggettività rivoluzionarie non ha ancora consentito di avviare un processo di rifondazione serio e rigoroso di una formazione comunista, anticapitalista, unitaria, radicata nel sociale e con un un programma credibile di transizione al socialismo e al comunismo, in grado di competere anche nelle elezioni democratico-borghesi, usando le istituzioni come cassa di risonanza.
Un altro aspetto, che in questa contingenza rafforza la scelta dell'astensione (noi non siamo astensionisti per principio sempre e comunque), è la constatazione che queste elezioni rischiano di essere sostanzialmente inutili. Infatti i parlamentari saranno una sorta di “figure formal-virtuali” più o meno impotenti e limitati nell'azione .Questo perché i bilanci, le politiche economiche e di welfare saranno subordinate, vincolate e sottoposte al controllo e all'autorizzazione dei vari organismi burocratici-amministrativi della UE. Si tratta, in sostanza, dell'annullamento della nostra indipendenza nazionale.
Quasi nessuna delle forze politiche presenti in questa campagna elettorale ha denunciato con forza questo vincolo che potrà essere “rimosso” solo con grandi mobilitazioni e lotte sociali coordinate in tutti i paesi dell'Unione Europea.
Aleggia quasi un timore culturale e politico nel pronunciarsi contro il trattato di Maastricht e gli altri trattati europei che hanno asservito totalmente il nostro Paese agli interessi del capitale internazionale. La battaglia contro i vincoli che ci impone l'Europa non può essere lasciata alla destra più becera e reazionaria.
Il pareggio di bilancio e il fiscal compact, imposti per legge, costituiscono oggi un vincolo insormontabile per qualsiasi governo moderato. Si devono elaborare, proporre e praticare politiche di incompatibilità economica con l'attuale sistema capitalistico e di rottura costituzionale e istituzionale. Questo però richiede mobilitazioni di massa prolungate e degli organismi in grado di sostenerle e coordinarle. E' questo il compito enorme che l'opposizione sociale e le avanguardie antagoniste si devono porre nell'immediato futuro. Tutto il resto è fuffa, menzogna, mistificazione e strumentalizzazione della buona fede dei cittadini.
In campagna elettorale non si possono proporre traguardi mirabolanti, sapendo che finché si accettano le logiche e la dialettica di questo sistema non si potranno mai raggiungere obiettivi strategici (per il Capitale). Ad esempio dire che si vuole abolire il Fiscal Compact è in sé una cosa giustissima, ma non dire in che modo e con che tipo di mobilitazione rischia di essere utopistico ed anche un po' truffaldino.

Di fronte a questa situazione si rende più che mai necessario intensificare l'impegno nel costruire organismi di CONTROPOTERE in grado di rappresentare i bisogni e gli interessi fondamentali del nuovo proletariato e, in embrione, la nuova organizzazione non gerarchizzata della futura nuova società.

MR per SU LA TESTA l'altra Lombardia

22 febbraio 2013

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